mercoledì 6 settembre 2017

PROVE DI IDENTITA'

"IO, BAMBINO, DEVO SENTIRE CHE TU, MAMMA SENTI QUELLO CHE IO SENTO"
Questa semplice frase è la base sicura da cui il bambino parte per costruire la propria identità e dalla quale inizia il suo percorso verso l'autonomia.
La capacità del Genitore di sentire ciò che il Figlio sente si chiama Empatia.
L'esperienza emotivo-affettiva è il fondamento di quella intellettiva.
La conoscenza è prima irrazionale e poi razionale, l'apprendimento è inconscio prima ancora di essere conscio.
Senza passioni ed emozioni, i pensieri e le azioni non possono strutturarsi nè realizzarsi.
Le emozioni sono le artefici, le guide e le organizzatrici interne delle nostre menti.
Il bambino impara a riconoscere le proprie emozioni, a dare loro un nome, a contenerle, pensarle e gestirle attraverso la relazione primaria con la madre che sente e pensa per lui: la madre riceve le impressioni emotive e sensoriali del neonato e le elabora per restituirle al figlio in una forma che il neonato possa mettere dentro di sè (reverie) . Insieme alle proprie esperienze emotive rese pensabili, il bambino mette dentro di sè anche l'immagine di una madre accogliente e comprensiva con la quale identificarsi e sviluppare così la sua capacità di pensare.
Nella relazione primaria madre-figlio lo scambio empatico nella comunicazione permette alle emozioni di passare dall'uno all'altro, fornendo l'impalcatura per la costruzione dell'identità del bambino.
Una madre "sufficientemente buona" (Winnicott) si coinvolge emotivamente per capire e corrispondere ai bisogni del bambino. Questa condizione psicologica della madre è inconscia, ma già presente durante la gravidanza e prosegue fino a che il bambino ha una dipendenza assoluta dalla madre. Questa fase termina quando il bambino inizia a comunicare i propri bisogni.
(per questo post ho preso come riferimento il libro di Filippo Pergola, Un insegnante quasi perfetto)

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