Sono andata a riprendere il libro di Bettelheim "Un genitore quasi perfetto".
In copertina: Pablo Picasso, Primi passi, 1943. Una madre curva sul figlio lo tiene per entrambe le mani e lo aiuta a stare eretto e a camminare.
Il libro è stato pubblicato la prima volta in Italia in ottobre1987; il mese e l'anno in cui mio marito ed io abbiamo concepito nostro figlio.
Il libro è dedicato alla moglie e ai tre figli, una di questi porta il mio nome; anche questa coincidenza me lo fa sentire ancora più vicino.
Inizio a sfogliare le pagine, a rileggerne alcuni passaggi a suo tempo sottolineati.
Cosa significa essere un genitore sufficientemente buono? Che posto hanno le regole in una relazione intima fra genitori e figli? Quali sono gli obiettivi di una educazione sufficientemente buona?
Lo strumento principe perchè un genitore arrivi a capire il proprio figlio è attraverso il sentimento che consiste nel richiamare alla memoria che cosa aveva significato per lui, da bambino o da ragazzo, una situazione analoga a quella che sta vivendo ora come genitore. Questo sentimento si chiama "comprensione emotiva" o empatia. Un atteggiamento empatico crea una relazione di intimità e di fiducia necessaria alla costruzione della stima di sè.
Ogni genitore ha dentro di sè un' immagine del figlio che vorrebbe (il figlio ideale), ma il suo compito di genitore è quello di aiutare il proprio figlio a sviluppare ciò che lui vuole e può essere veramente
(il figlio reale).
I
bambini esprimono sempre una loro volontà e una loro visione delle
cose: il fatto che che un figlio ubbidisca alle regole del genitore non
garantisce che le accetti veramente in cuor suo; non bisogna cadere nell'errore di scambiare per consenso convinto quello che è solo esteriore acquiescenza.
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